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2 Giugno 1946: l’Italia rischiò una guerra di Secessione? SHARE THIS Add to DeliciousfacebookShare on FriendFeedgoogleDiggtwittersubmit to redditmyspacestumbleupontechnoratisubscribe rss TAGS Bandito Giuliano SecessioneFesta Della RepubblicaGuerra Civile Monarchici RepubblicaniGuerra Di Secessione ItaliaItalia Stato FederaleNord Fine Guerra MondialeRe Umberto IiReferndum Repubblica 1946 Oggi siamo tutti repubblicani. Non possiamo però non leggere nella genesi della Repubblica alcuni dei mali attuali. A cominciare da brogli elettorali non da poco: è possibile che i monarchici siano stati i veri vincitori del referendum. Anche se così non fosse, già allora si radicò il principale vezzo nazionale: Complottismo e Mugugnismo …”Furono gli americani ad alterare i risultati!”, “Fu Andreotti!”, “Fu Togliatti con la sua lettera al Ministro Romita, scritta con inchiostro verde!”… Di sicuro, l’Italia, appena uscita da una tragica guerra civile, che si aggiunse alla disfatta contro gli angloamericani, rischiò di cadere in un nuovo conflitto tra monarchici e repubblicani. La guerra civile non avrebbe certo portato a esiti banali: il Nord Italia era ancora nel caos più completo, senza strade, fabbriche né autorità amministrative. Il Sud invece, per quanto strutturalmente più povero, era stato pacificato da almeno due anni. Anche le modalità di lettura dei voti referendari è indicativa: per primi giunsero i dati dal Sud, mentre quelli del Nord -dove la macchina amministrativa era ancora da rifondare- arrivarono dopo. Non dimentichiamo che in Sicilia, Calabria e Sardegna c’era una forte fronda secessionista, non solo politica ma anche militare (vedi il bandito di Giuliano). Se i Savoia non fossero stati strutturalmente inadatti al governo, e ancora più deboli e impreparati con Umberto, il partito monarchico avrebbe potuto impugnare il risultato con le armi in mano: avremmo avuto altri anni di sangue tra fratelli, non ci sarebbe stato il boom economico, e forse alla fine -comunque fosse andata- si sarebbe arrivati a uno Stato federale, diviso in tre o 4 macro aree (Isole, Sud, Centro, Nord). Nessuno volle contestare il referendum con le armi, e ciò fu un bene. Ma almeno in un aspetto le cose sarebbero andate meglio. Uno stato federale e non centralista sarebbe stato oro per noi italiani, di natura anarchici, e quindi destinati a un centralismo folclorico e malfunzionante, con un esito naturale nefasto: una burocrazia asfissiante e divoratrice dei propri figli. Anche i partiti, mediatori tra “popolo bue” e Governo centrale, sarebbero stati meno feudali e più costretti a contribuire alla costruzione di una società più efficiente, responsabile e meritocratica, dove il lavoro non sarebbe stato elargito dall’alto, ma sarebbe stato una conquista personale e popolare.

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